lunedì 7 novembre 2011

SUFISMO E MASSONERIA

Tra tutte le Religioni, l’Islam è, probabilmente, quella ove è più netta la distinzione tra due parti complementari che possiamo definire exoterismo ed esoterismo. Secondo la terminologia araba esse possono essere definite rispettivamente come ESH-SHARIAH, ovvero la strada maestra aperta a tutti ed EL-HAQIQUAH, la verità interiore, riservata ad un ristretto numero di persone, iniziate in virtù delle proprie personali qualificazioni, da un Maestro spirituale. Il grande mistico e Sufi spagnolo Ibn Al Arabi le paragonò alla scorza ed al nocciolo ove, ovviamente, per arrivare al nocciolo del frutto, bisogna prima assimilarne la scorza.
Nell’Islam con il termine Shariah si definisce tutto ciò che rientra essenzialmente nell’ambito della religione ed, in particolare, l’intero “Corpus” sociale e legislativo che, si badi bene, nel mondo islamico rientra essenzialmente nell’ambito della religione poiché il legislatore è di norma un dottore Coranico (Ulema). Viceversa la Haqiquah rappresenta la conoscenza pura, la quale trasmette alla Shariah il suo significato superiore e profondo e perciò la sua autentica ragione d’essere.
L’esoterismo islamico comprende, oltre alla Haqiquah, la Tariqah (via o sentiero) ovvero i mezzi che permettono di raggiungere la Conoscenza pura. La Tariqah è spesso paragonata al raggio della circonferenza che la congiunge al centro. Nell’Islam Tariqah è anche definito una Confraternita mistica, l’insieme delle quali forma appunto la circonferenza o ruota, essendo ogni Confraternita un singolo raggio. Perciò, come dice lo Sheik Al-Alewi, “nessuna ruota può girare se un singolo raggio si spezza”. Tale concetto è espresso in modo mirabilmente poetico ne “Le Mille ed una Notte”: “La verità non è in un sogno ma in molti sogni, beato colui che sogna molti sogni”. Ciascuna Confraternita è, cioè, depositaria  di una particolare interpretazione della Verità e perciò tutte le Confraternite Mistiche sono ugualmente valide e degne di rispetto. Un vero Maestro spirituale islamico, infatti, non definirebbe mai la propria Confraternita come superiore alle altre, ma direbbe semplicemente che nella propria Confraternita viene insegnato uno dei possibili metodi per congiungersi all’Altissimo.
Il Sufismo rappresenta, per il vero credente nell’Islam la quintessenza dell’esoterismo mussulmano: in Arabo esso si definisce AT-TASAWWUF che significa semplicemente nella traduzione letteraria “vestirsi di lana”(SUF) dal momento che i primi Sufi indossavano solo vesti di lana pura. Tuttavia sono proposte anche altre possibili origini del termine “Sufi” poiché in Arabo la parola Sufiya vuol dire anche “purificato” ed alcuni studiosi, come ad esempio il Guenon ed il Burkardt, mettono in relazione il termine “Sufismo” con il Greco Antico “Sophia” ovvero sapienza. Si noti come i Turchi Ottomani, conquistata Constantinopoli, traslitterarono Hagia Sophia (la Chiesa della Santa Sapienza) con la parola Aya Sufiya, rendendo cioè la lettera sigma greca con la lettera sad.
La corrente mistica Sufi nasce, in pratica, agli inizi dell’Islam, ma viene istituzionalizzata solo a cavallo tra X° e XI° secolo dell’Era Cristiana con i cosiddetti Teorici ovvero Abu Said, Huywiri, Al-Sarray e Qushairi. Nel XII° secolo sorsero infine i primi grandi Ordini di Confraternite, le già citate Tariquah. Inizialmente i Maestri (Shaykh) riunivano attorno a se dei discepoli che andavano da un luogo ad un altro alla ricerca dell’insegnamento spirituale; in seguito furono fondati centri di preghiera, chiamati zawiya ove si praticava essenzialmente il dhikr, la meditazione sufica correlata dalle pratiche di respirazione e postura di cui parleremo più avanti. Una volta ammessi ad una zawiya i membri erano tutti considerati fratelli (kouan) e tutti sullo stesso piano di uguaglianza. Particolare importanza nella Confraternita riveste la figura del Maestro, tramite il quale il praticante Sufi si connette con una catena di unione fino al Profeta MUAMMHAD. La venerazione nei confronti del Maestro ricorda molto il cosiddetto Guru Yoga proprio del Buddismo Mahayana. Da notare che la propensione alla attività interiore ed alla pratica del Dhikr è insita nell’Islam in virtù del noto detto del Profeta (Haydith), secondo cui la Guerra Santa (Gihad) si dividerebbe in dieci parti: una è quella che si combatte contro i nemici della religione, le altre nove quelle che si combattono contro se stessi.
Il senso ultimo del praticante Sufi è di congiungersi attraverso l’insieme delle pratiche (definite con il termine di viaggio nella notte) allo Spirito Universale (Ar-Ruh) detto anche Intelletto primo, che rappresenta la prima delle Manifestazioni che discendono da Allah. Tale Spirito è, cioè, il Mediatore tra l’Essere divino e l’Universo incondizionato e viene spesso paragonato al Calamo supremo (Al-Qualam) con cui Dio registra tutti i destini sulla Tavola custodita, corrispondente all’Anima universale. Si noti come alcuni autori Sufi, tra cui il celebre Abd al Karim chiamano lo Spirito universale anche “Spirito Santo” e lo paragonano al volto di Dio (Wayh Allah). Le analogie con la Cabala ebrea sono, in tal senso, veramente impressionanti e starebbero a confermare che il Sufismo, come d’altronde la stessa Cabala sul versante ebraico, sia la risultante di un incontro tra Islam e Neoplatonismo, con particolare riferimento alle dottrine espresse da Plotino e Giamblico.
Tra le principali Confraternite Mistiche, oltre che la Qadiri e la Shadhiliya, una particolare attenzione va riservata alla Mawlawiya, fondata a Konya in Turchia dal celebre mistico e poeta Djalal al din Rumi. Tale Confraternita, potentissima durante l’Impero Ottomano (arrivò ad estendersi fino a Belgrado), contempla tra le proprie pratiche la famosa danza cosmica, che ha dato ai suoi membri il nome di Dervisci Ruotanti. Tale pratica consiste, attraverso una danza circolare, nel rinnovare l’atto della Creazione (o meglio della Emanazione da Dio) con il braccio destro rivolto verso l’alto a congiungersi, appunto, con l’Essenza dell’Altissimo e quello sinistro rivolto verso il basso per trasferire l’Energia Divina nel mondo del manifestato. I Dervisci furono popolarissimi nel mondo islamico: purtroppo, dopo la presa del potere da parte di Kemal Pascià (Ataturk), tutte le Confraternite, compresa la Mawalawiya, abbandonarono la Turchia per rifugiarsi in questo caso in Egitto (ove, come vedremo, approderà il Massone e Martinista Guenon dopo la sua conversione all’Islam).
L’identificazione dei Sufi con il Principio Primo fu, talvolta, non capito ed osteggiato dall’Islam ortodosso, tant’è vero che uno dei primi maestri Sufi Al-Hallaj venne messo a morte a Bagdad nel 992 d.c. per avere proclamato “Io sono la Verità” ovvero “Io sono Dio e Dio parla per Mia bocca”. Tale affermazione non voleva affatto essere blasfema, poiché il Maestro intendeva dire che Egli, essendosi riconnesso con il Principio Primo Creatore, era divenuto un tutt’uno con Esso.
Il Sufismo, pur rimanendo sempre fedele ai precetti esteriori dell’Islam (i cinque pilastri, ovvero l’affermazione dell’Unità Divina, le cinque preghiere quotidiane, il digiuno purificatore del Ramadan, il pellegrinaggio alla Mecca, la decima destinata ai poveri) si sforzò sempre, tuttavia, di trascendere l’ambito del culto esteriore: attraverso l’estinzione delle umane passioni (Fana) e l’applicazione del puro Amore per tutti gli esseri (Mahabba) il praticante Sufi giunge ad uno stato ove riconosce ciò che Schuon, con felice espressione, definisce “Unità Trascendente delle Religioni”. Ciò può essere conseguito attraverso la gnosi (Irfan) che viene considerata dall’Islam al rango di una vera e propria scienza: scienza della conoscenza del Principio Superiore Creatore che viene conseguita dal saggio attraverso la dimensione del cuore (Qualb).  La gnosi, secondo l’Islam, concerne i doveri dell’uomo verso se stesso, verso il mondo e verso Dio. Quanto di ciò sia sorprendentemente analogico rispetto ai principi Massonici, anche un giovane apprendista può notarlo. Il saggio Sufi impara a superare le apparenze esteriori o meglio a trascenderle e difatti Rumi dice “La verità è indipendente dalle forme esteriori! Essa brilla nella bettola, nella Moschea e nella Chiesa! Inoltre la religione del cuore, che sola ha valore, non è monopolio di nessun Credo in particolare. In verità tutti i Credo sono un unico Credo!”. E ancora: “Che fare o Mussulmani? Io non so proprio chi sono e non riesco a darmi una identità! Non sono né un Cristiano né un Giudeo né un Mussulmano! Non sono né d’Oriente né d’Occidente, non né della terra né del mare…..ho accantonato le dualità, ho visto che i due mondi sono uno solo!”.
Prima di passare ad analizzare le relazioni tra Massoneria e Sufismo, non possiamo fare a meno di alcune precisazioni: purtroppo da alcuni anni si assiste, nell’ambito Islamico Ufficiale soprattutto Sunnita, in reazione alla marea montante dal fondamentalismo, ad una forte presa di distanza, se non ad una forte condanna nei confronti del Sufismo e delle Confraternite. Tale stagione fu inaugurata nel 1986 (1407 dell’Egira) da un polemico scritto di Hajj Shaykh Abdur Rahnam, al secolo l’italiano Pasquini, direttore del Messaggero dell’Islam, che è l’organo ufficiale delle associazioni islamiche in Europa. In tale scritto, dal titolo paradigmatico “Il Sufismo non è l’Islam”, l’influente personaggio arrivò a definire “Pattume  proveniente dal Diavolo” le dottrine sufiche. In conseguenza di ciò i vari Palazzi e Pallavicini, capi storici dei Mussulmani convertiti di nazionalità italiana, si trovarono in notevole imbarazzo dal momento che la loro adesione all’Islam, come per gran parte degli Italiani convertiti, era passata attraverso lo studio di Renè Guenon. Ben diverso l’atteggiamento degli Italiani non convertiti, cioè dei figli o nipoti di famiglie mussulmane trasferite in Italia a seguito di eventi storici come, ad esempio, la caduta dell’Impero ottomano, del Regno dell’Afganisthan o dell’Impero Persiano: in tali cerchie, infatti, la venerazione per il Sufismo e per i suoi nobili Maestri è stata sempre mantenuta inalterata. Viene da chiedersi: “Forse chi giunge all’Islam, non essendo nato Mussulmano, vuole mostrarsi più zelante degli altri ovvero più realista del re? Costoro dovrebbero ricordare che l’Islam è sempre stato fucina di tolleranza e che, quando i loro antenati europei perseguitavano gli Ebrei Sefarditi in Spagna e Portogallo, questi trovavano asilo e protezione in Turchia, in Siria ed in Egitto. L’Islam è tolleranza e amore non prevaricazione e fondamentalismo.



Veniamo dunque al punto che maggiormente ci interessa: esiste una relazione, un collegamento tra Sufismo e Massoneria?
Il primo aspetto da considerare è il seguente: in un testo massonico inglese del 1726 “The Grand Mystery Laid Open” vi è un curioso passo in cui alle due domande (come è chiamato Dio? Chi fu il primo Massone?) viene risposto “Laylah Illallah” ovvero non vi è altro Dio che Allah, il primo dei cinque pilastri dell’Islam, precedentemente citato. Il noto esploratore e massone inglese Sir Richard Burton, lo scopritore del lago Tanganika in Africa, scrisse: “Il Sufismo è stato il genitore orientale della Massoneria”.
Ora, senza pretendere di voler formulare un parere definitivo a proposito della “vexata quaestio” sulle origini della Massoneria, possiamo però analizzare alcuni punti per giungere poi ad alcune conclusioni:
1)     è nota la derivazione della Massoneria dalle gilde dei costruttori medioevali. Tali gilde penetrarono in Inghilterra al tempo del Regno di Aethelstan (894-939); in quello stesso periodo operava in Spagna il maestro Sufi Ibn Masarra e soprattutto era attivo un altro grande maestro Sufi Dhu’l-Nun, fondatore della Confraternita dei Costruttori Dervisci, detti anche Dervisci Carbonari. Lo stesso Dhu’l-Nun era detto “il Nero” per le sue origini nubiane. Ora è noto che in Europa si sviluppa, nello stesso periodo, il cosiddetto Ciclo Arturiano o Ciclo del Graal, di cui uno dei principali interpreti fu il trobadour Wolfan Von Eschembach. Si noti, innanzi tutto, che le parole di passo, ovvero di riconoscimento della confraternita Sufi dei costruttori,  era composta di tre lettere T R B, cioè le fondamentali lettere del termine trobadours. Ora Von Eschembach, nel suo“Parzifal”, parla dell’origine del Graal, la sacra coppa ove venne raccolto il sangue della Passione del Cristo, come di una pietra caduta (lapis exillit) dalla corona di Lucifero. In più egli parla anche di un misterioso Firefiz (che non compare in nessun altro romanzo del Graal) nero e fratellastro di Parzifal, concepito dal padre durante un viaggio in Oriente, precisamente a Costantinopoli. Si noti l’analogia con la pietra nera custodita alla Mecca e caduta dal cielo (K’aaba) ed il maestro nero Dhu’l-Nun sopra citato. Inoltre è notissima la relazione tra trobadours, Fedeli d’Amore e Templari, come magistralmente spiegano Guenon ed Evola rispettivamente ne “L’Esoterismo di Dante” ed “Il Mistero del Graal”.Tornando alla Confraternita Sufi dei Costruttori, oltre alla parola di Passo T R B, essi usavano anche una parola segreta: A B L. La lettera A, ovvero la araba Alif, era simboleggiata da una squadra, la lettera Beth da un livello e la lettera Lam da una fune che essi definivano come “la corda che tutti insieme ci connette in una unione”. Tali rapporti sono già di per sé sorprendenti, ma le cose non finiscono qui:
2)     La leggenda, ma anche alcune autorevoli opere di studiosi qualificati, afferma che i Templari, dopo la persecuzione subita da parte di Filippo il Bello, si sarebbero rifugiati in Scozia sotto la protezione del Re Robert Bruce ed avrebbero trasmesso alcuni insegnamenti segreti dai quali originerebbe almeno parte della dottrina esoterica della Massoneria che perciò risulterebbe: A) nella sua forma esteriore figlia delle Corporazioni medioevali dei Costruttori; B) nella sua forma interiore esoterica derivata direttamente dai Templari. Ora, L’Ordine Templare ebbe frequenti contatti in Oriente con la setta ismaelita degli Hasan-Shish, conosciuti in Europa con il nome di “Assassini” ma, in realtà, la traduzione letteraria è “Seguaci di Hasan”, il figlio di Ali, cugino e genero del Profeta, cioè i seguaci dell’Imam nascosto, colui che detiene l’insegnamento occulto e la parola celata! Peraltro i due Ordini avevano gli stessi colori, il Bianco ed il Rosso, ed intrattennero rapporti strettissimi oggetto di sospetti sia da parte Cristiana che da parte Mussulmana. Possiamo dire che le due Confraternite si riconobbero in un unico denominatore: la Operatività esoterica, al di là delle differenze esteriori di culto. Negli atti processuali dei Templari si fa riferimento esplicito alla adozione di riti, gesti, parole e toccamenti magici estranei all’insegnamento di Santa Romana Chiesa. I Templari furono cioè, in ultima analisi, accusati di eresia. Analoghe difficoltà ebbe la Setta Ismaelita, i cui membri furono perseguitati e dispersi. Si temeva forse, da parte dei poteri costituiti, la creazione di un “Nuovo Ordine Spirituale”, che unificasse l’Oriente e l’Occidente nel segno di una superiore fraterna tolleranza? Ricordiamo anche che molte confraternite Sufi ebbero contatti e lavori comuni con la Confraternita degli “Assassini”. Inoltre diverse Corporazioni Muratorie (parliamo ovviamente di Massoneria Operativa) parteciparono, nel XVI secolo, alla costruzione della Moschea Suleymaniya di Istambul, operando a stretto contatto con la già citata confraternita dei Costruttori Sufi.
3)     La più recente storia dell’Ordine Muratorio rivela un certo numero di indizi importanti  a partire dalla affiliazione alla Massoneria nel 1864 del celebre Maestro Islamico, l’Emiro Abd el-Kader in una Loggia Egiziana all’obbedienza  del Grande Oriente di Francia. Nella sua “Lettera ai Francesi” (1855) l’Emiro auspicava una unificazione fraterna di Cristiani e Mussulmani nel nome di una Superiore Visione Spirituale. Altra figura importante fu lo Sheikh Elish El Kebir della Confraternita Sufi Chadhilyya a cui Guenon dedicò l’opera “Il simbolismo della Croce”. Il Guenon rivelò poi di avere ricevuto dallo Sheik fondamentali insegnamenti sul simbolismo muratorio della Squadra, Livella, Triangolo e Compasso e di aver verificato sorprendenti analogie tra il lavoro muratorio e l’operatività delle Confraternite Sufi quale, ad esempio, la necessaria presenza di almeno sette confratelli per la pratica del Dhikr. Potremmo, a questo punto chiederci: perché Guenon aderì formalmente all’Islam? Perché si recò in Egitto? Le risposte a tali quesiti sono, a questo punto, facilmente desumibili da quanto finora detto.
4)     Il Massone tedesco J.B.Kerning (1774-1851), nel suo testo “Lettere dell’Arte Regia”, dà la seguente interpretazione dei segni, dei toccamenti e delle prese massoniche: si tratterebbe di  metodiche magiche di provenienza orientale, attraverso cui l’Operatore giungerebbe ad una “rivificazione del sé”, cioè al ottenimento di uno stato di Risveglio Spirituale raggiungibile attraverso un ritmico ripetersi dei segni e dei toccamenti e delle prese in questione, associati ad una verbalizzazione delle parole di passo. Tali tecniche sono, ad esempio, abbastanza comuni nel Buddhismo Tantrico, il cosiddetto  Tantrayana, ovvero il veicolo del diamante folgore, il metodo più veloce, secondo il Buddhismo, per raggiungere l’Illuminazione. In tale insegnamento il discepolo, iniziato da un Maestro qualificato alla pratica di una Divinità Tantrica ( Yddam) si identifica con tale Divinità e, attraverso la ripetizione di mantram o sillabe (dette seme) nonché grazie alla assunzione di determinate posture e di particolari gesti delle mani (mudra), ottiene il risveglio interiore. Nel 1924, a Lipsia, venne pubblicato uno strano libro dal titolo “Die Praxis der alten Turkischen Freimaurei” ovvero “La pratica operativa della antica Massoneria Turca”. Tale opera venne recensita nel 1928 dalla celebre rivista esoterica italiana Ur, precisamente da “Arvo”, al secolo il Duca Giovanni Colonna di Cesarò, influente uomo politico italiano degli anni venti dello scorso secolo (Ministro delle Poste del primo governo Mussolini, fu liberale antigiolittiano e poi oppositore del regime fascista al quale, peraltro, non perdonò mai il Concordato con il Vaticano) e autorevole membro della Società Antroposofica italiana, discepolo diretto di Steiner ed autore di una interessantissima opera sulle origini occulte di Roma. L’autore del testo, recensito da Arvo, era Rudolf von Sebottendorff, massone e membro della Società Esoterica del “Vril”(contrazione dell’acrostico “Vitriolum”, ovvero "Visita Interiorae Terrae Rectificando Invenies Occultam Lapidem Veram Medicinam"), la quale ebbe una parte assai rilevante nella propensione verso l’occultismo del nascente nazional socialismo, compresa l’adozione del simbolo solare dello Swastika e della bandiera dai tre colori: Bianco, Rosso e Nero cioè le tre opere alchemiche. Affinché ci si possa rendere conto di come stanno le cose, riportiamo un pezzo del rituale descritto dal von Sebottendorff, ove si fa riferimento ad un lavoro della Confraternita Sufi diretto dallo Sheik Mehemed Rafi, maestro dell’Autore. Il Maggiore degli sceicchi presenti assume la presidenza e designa un Sorvegliante, un Economo ed un Corriere, quindi esclama: “Miei Fratelli, siamo al coperto, siamo riforniti, siamo serviti. Il sole brilla, apriamo il cielo. Fratello Corriere hai tu la chiave?”. “Venerabile Maestro io sono la I”. “Fratello Sorvegliante, hai tu la chiave?”. “Venerabile Maestro io sono la A”. “Fratello Economo, hai tu la chiave?”. “Venerabile Maestro io sono la O”. “Miei Fratelli senza la chiave non vi è conoscenza. Io sono Acqua, Fuoco e Bilancia e voi chi siete?”. “Noi siamo il Nero, il Bianco, il Rosso, il Rosa e La Pietra”. Al che il Maestro così conclude l’apertura dei lavori: “Santa è la nostra scienza! Proferiamo che non esistono degli dei al di fuori di Dio e Muhammad è il Profeta di Dio”. Successivamente l’autore passa alla descrizione di alcuni esercizi interiori della Confraternita, che prevedono tre tipi di prese: al collo, al petto, e al ventre, con l’associazione delle vocali I A O, che vanno fatte vibrare interiormente, dovendo, il praticante, identificarsi con esse e assumere le energie cosmiche legate a tali suoni. Si badi che ciò viene comunemente praticato nella cosiddetta magia Runica, originaria dell’Europa settentrionale, ove le Rune, ovvero le lettere dell’alfabeto Norreno, vengono associate a determinate forze o elementi, ad esempio UR=terra, LAF=acqua, FA=fuoco etc, ed assumendo posture corrispondenti alle Rune stesse, il loro suono viene fatto vibrare, dall’operatore, in modo che egli si identifichi (cioè si impossessi) con le forze della Terra, dell’Acqua, del Fuoco etc. E qui ci fermiamo. E’, credo, del tutto superfluo aggiungere che, quando Hitler prese il potere, il testo di von Sebbottendorff e tutte le altre sue opere sparirono in tempo reale dalle librerie. Si noti anche che il von Sebbottendorff, che acquisì la cittadinanza turca, fu in rapporto con Dumezil e Corbin, due dei più grandi studiosi di Religioni di tutti i tempi. Notiamo, altresì, che alcuni moderni recensori dell’opera di von Sebbottendorff, compreso il Mutti, nella prefazione dell’edizione Arktos, si affannano a negare che, per antica Massoneria, si possa intendere la Muratoria attuale che “nulla ha a che vedere con la vera Tradizione”(secondo il classico canovaccio di coloro che Scaligero definiva “Evolomani”), insomma, come a dire, che il colore rosso nulla ha a che vedere con il Rosso!”.


  Concludendo, si può dunque ragionevolmente affermare che il Sufismo ha certamente avuto  influenza su diversi aspetti del Lavoro Muratorio o, per meglio dire, tra questi due Soggetti esistono diversi punti in comune poiché, ciò che appartiene alla Tradizione, è Tradizione essa stessa, come il Fratello Guenon amava dire. In definitiva la Massoneria è un grande veicolo, una summa degli insegnamenti tradizionali ove convergono aspetti provenienti da diverse dottrine, ma con l’unico scopo di portare l’uomo alla elevazione spirituale in modo che egli contribuisca al miglioramento del mondo in cui vive. In questo momento particolare rivolgiamo dunque un amorevole pensiero ai nostri Fratelli Islamici passati e presenti che assieme a noi lavorano per edificare Templi alla Virtù e per scavare oscure e profonde prigioni al vizio.



                               





                                          BIBLIOGRAFIA



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